La mostra si propone un duplice intento, quello della singolarizzazione e quello della con-testualizzazione di creazioni artistiche di autori che, partendo da esperienze e linguaggi diversi, comunicano il valore ermeneutico del simbolo. Nell'arte, luogo del singolare e dello spirituale, c'è una eterna contemporaneità. Il simbolo non è affatto scomparso dall'orizzonte dell'uomo contemporaneo: il suo valore sociale rimane immutato come quello psicologico. Esso ha anche un valore rivelativo in quanto media il rapporto con una realtà razionale che è indescrivibile. Nell'opera di Antonio Baglivo l'archetipo diventa reticolato, griglia di pensiero entro cui contenere l'eterno divenire e rappresentare le metamorfosi della materia. L'artista formula ed interpreta molteplici linguaggi ricreando il tempo della natura e il tempo dell'uomo. Il suo è un modo pulsante di avvicinare il reale e di restituire le sofferte inquietudini dell'indagare sia quando un intenso corpo a corpo con la pittura libera la sua creatività, sia quando, con spiccato senso plastico, enuclea "forme prime" gravi, solenni, antiche. Gaetano Bevilacqua incide luoghi collettivi, inedite profezie di figurazioni. In monumentali miniature circoscrive universi ricchissimi di simboli sotto luci diverse, in combinazioni diverse. Al vaglio di un'analisi lenta le assonanze diventano echi puntuali, si ascolta un discorso sempre più profondo e dilatato mentre il gioco dei significati apre uno scavo che non concede soste all'osservatore. Sembra essere infinita la possibilità per Antonio Della Gaggia di creare forme sempre nuove. Egli toglie ardore e peso alla materia, la rende fredda e liscia eppure pervasa da una "affettività" esistenziale. Le sue sculture hanno conosciuto il tempo, le stagioni, come esseri viventi e rivelano la verità più profonda: la bellezza appare attraverso la consumazione del sentire la vita. Giuseppe di Muro concepisce lo spazio come un territorio vuoto, vergine, disponibile ad accogliere nitidi e rigorosi segni, concretizzazioni di ricognizioni formali minimaliste. A strutture che si dichiarano elementari sovrappone ispirazione e intenti che le danno una qualità lirica, intangibile. Impronte naturalistiche e forme organiche trasmettono energia e movimento: il pieno impone al vuoto ritmo e raffinati giochi estetici. L'oggetto diventa proiezione meditata della poetica del quotidiano. La pittura di Mario Lanzione offre un ampio spettro di ricerca e di sperimentazione. Su personaggi-enigma l'artista traccia il segno che ne altera la fisicità iconica; l'esperienza delle poetiche informali si traduce, anche, nella creazione di spazi-metafore dove si registrano forme-luce, geometriche in bilico e finestre, presagi di natura e di esseri viventi. Le opere di Antonio Petti combinando immagini familiari, la maschera, il burattino, comunicano, senza alcuna sovrastruttura, l'ironia dell'uomo che legge la società. Troppo spesso l'arte che vuole trasfigurare il male, l'ipocrisia, la banalità, manca il bersaglio: è in grado di stuzzicare solo una stretta èlite di intellettuali. Le figure di Petti sono, invece, felicemente emblematiche, descrittive ma sintetiche, bloccate in un insieme visivo che trasmette immediatamente il messaggio. L'artista interferisce con la storia, ha occhi aperti sul mondo, fa arte e riflessione sull'arte, pratica di un linguaggio, che possiamo, in questo caso definire inconfondibile, ed affermazione di una tensione etica.

Stella Romano